Il Disturbo Oppositivo Provocatorio: indicazioni per i genitori

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A volte può capitare che i nostri figli mettano in atto comportamenti davvero inspiegabili, tali da farci sentire impotenti, arrabbiati o addirittura intimoriti. Ci troviamo di fronte a reazioni estreme: capricci eccessivi, continue sfide, regole infrante, atteggiamenti provocatori e ostili. Quasi come se fossero “piccoli teppisti” pronti a scardinare ogni regola ed esaurire le nostre energie.

In alcuni casi, queste modalità possono apparire come forme di disturbo oppositivo provocatorio (DOP): un insieme di comportamenti in cui il bambino manifesta opposizione, sfida e provocazione verso le figure adulte di riferimento.

A casa, i genitori si sentono esausti, senza risorse, perché i loro continui tentativi di ripristinare l’equilibrio sembrano vani. Ci si ritrova così in un circolo di tensioni, contrasti e sofferenze, dove il bambino cresce con l’etichetta di “ribelle” e i genitori restano sconcertati e provati.

 

Un bambino con disturbo oppositivo provocatorio: cosa significa?

Quando un bambino presenta un disturbo oppositivo provocatorio, mostra in modo reiterato atteggiamenti di sfida, ostilità e provocazione nei confronti di genitori, insegnanti e altre figure di riferimento. Tende a infrangere o ignorare regole comuni, risponde con rabbia o umore collerico, accusa gli altri dei propri errori e può manifestare comportamenti dispettosi o vendicativi.

Più che una semplice “fase di ribellione”, il DOP è una condizione in cui il bambino fatica a regolare le proprie emozioni, sentendosi spesso insicuro e incompreso, pur mostrando all’esterno un atteggiamento aggressivo o sfrontato.

 

Che cosa fare e cosa non fare

Incontrare un bambino oppositivo può mettere a dura prova la pazienza di un genitore. Ecco alcuni consigli:

  • Cosa fare:
    • Condividere poche regole chiare e rispettarle con coerenza.
    • Riconoscere le sue emozioni, dando un nome a ciò che prova, senza però giustificare i comportamenti dannosi.
    • Mantenere un atteggiamento calmo e accogliente, evitando di reagire alla provocazione con toni alti o rabbia.
    • Usare il rinforzo positivo, premiando tempestivamente ogni gesto di collaborazione o di adeguata gestione delle emozioni.
  • Cosa non fare:
    • Non cedere alla tentazione di punire con violenza verbale o fisica.
    • Non squalificare il bambino con etichette negative (“sei un bullo”, “non vali niente”).
    • Non prolungare i rimproveri con discussioni infinite: l’attenzione negativa può persino rafforzare i comportamenti provocatori.
    • Non isolarlo o abbandonarlo al proprio disagio: anche se appare pungente e oppositivo, in realtà ha bisogno di guida e comprensione.

 

I segnali da non sottovalutare

  • Opposizione costante alle regole, con tendenza a sfidarle.
  • Polemiche e litigi frequenti con genitori, insegnanti o fratelli.
  • Bassa soglia di frustrazione, associata a reazioni di rabbia.
  • Tendenza ad accusare gli altri dei propri errori, a isolarsi o ad agire con prepotenza.
  • Persistente malumore o irritabilità.

Un bambino con tendenze oppositive non è per forza “cattivo”: spesso sta sperimentando una profonda insicurezza e fatica a gestire le proprie emozioni. Capirne le ragioni può essere il primo passo per un percorso di cambiamento.

 

Quando serve chiedere aiuto?

Se come genitori avvertiamo una stanchezza continua, o ci sentiamo totalmente sopraffatti dalle reazioni di nostro figlio, è forse il momento di valutare un supporto professionale. Un consulto psicologico può essere prezioso anche quando i comportamenti del bambino si fanno pericolosi o ingestibili, creando problemi non solo a casa ma anche a scuola o con i pari.

A volte basta un breve percorso di consulenza, mirato ad analizzare i comportamenti problematici e a individuare strategie educative adeguate. In altri casi, può essere necessario un percorso più articolato, specie se le dinamiche conflittuali si protraggono da molto tempo, o se si sospetta una comorbilità con altri disturbi come l’ADHD o l’ansia.

 

Come riportare serenità in famiglia

Gli interventi, spesso, partono dal supporto e dalla formazione dei genitori: si lavora su regole efficaci, strategie comunicative e gestione dell’emotività. A volte è utile un percorso psicoterapeutico che coinvolga l’intera famiglia, per sciogliere circoli viziosi e riscoprire un clima emotivo più sano.

Dott.ssa Federica Santucci Psicologa Clinica e Psicoterapeuta Analista Transazionale

Sono una Psicologa Clinica e Psicoterapeuta Analista Transazionale CTA EATA (Analista Transazionale Diplomato - Associazione Europea per l’Analisi Transazionale ) e Terapeuta EMDR.

Mi occupo di terapia individuale, di coppia e familiare. Tratto difficoltà legate all'età adolescenziale, problematiche affettive e relazionali, problemi di assertività, autostima, comunicazione. Le mie competenze contemplano il trattamento delle nevrosi, dei disturbi di personalità, d'ansia o dell'umore (depressione, disturbo bipolare), la gestione dei conflitti personali e interpersonali, l'ambito delle nuove dipendenze patologiche come quelle legate al gioco d'azzardo e all'uso di sostanze.

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