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Essere genitori è una delle sfide più coinvolgenti e, al tempo stesso, più complesse. Ognuno di noi si ritrova a confrontarsi con la propria storia personale, con i modelli di educazione ricevuti, con le paure e le aspettative verso i figli. Può accadere che il bisogno di proteggere e guidare i bambini oltrepassi il confine sano, mettendo in atto comportamenti eccessivamente ansiosi, controllanti o rigidi.

 

Come si sviluppa il legame genitore-figlio

Nei primi anni di vita del bambino si crea il cosiddetto legame di attaccamento, ossia quello speciale rapporto che si instaura tra il piccolo e i suoi genitori, visti come punti di riferimento per protezione e sostegno. Quando questo legame si sviluppa in modo sereno, il bambino cresce sentendosi rassicurato e capace di esplorare il mondo in autonomia. Se, invece, la relazione è caratterizzata da un’eccessiva ansia o da un controllo opprimente, il figlio rischia di sviluppare insicurezze, paure o dipendenze emotive.

Talvolta, l’errore più frequente di un genitore è credere di dover soddisfare ogni esigenza o risolvere ogni problema al posto del bambino, con l’illusione di proteggerlo. In realtà, questo atteggiamento iperprotettivo invalida le potenzialità del figlio, che resta in una posizione di dipendenza e incertezza, senza imparare a tolerare le frustrazioni o a cercare soluzioni autonome.

 

Quando l’iper-protezione genera insicurezza

È naturale che un figlio desideri la vicinanza dei genitori, soprattutto nei primi anni di vita. Tuttavia, se la figura adulta fatica a dare fiducia, lancia segnali di pericolo costanti o assume un atteggiamento troppo invasivo, il bambino può maturare alcune convinzioni limitanti:

  • “Non sono in grado di fare da solo.” Sentendosi costantemente guidato o sostituito, il bambino sviluppa l’idea di non poter affrontare le situazioni in autonomia.
  • “Il mondo è un luogo pieno di minacce.” Se i genitori vedono rischi ovunque, il figlio impara a leggere l’ambiente come spaventoso e a temere l’esplorazione.
  • “Se sbaglio, deludo i miei genitori.” Il timore di compiere errori, lungi dall’essere uno sprone, diventa un ostacolo alla crescita e alla naturale voglia di sperimentare.

In questo modo, il figlio può manifestare ansia, agitazione, difficoltà a separarsi dai genitori o, al contrario, rabbia e frustrazione, poiché non riesce a ottenere la propria indipendenza.

 

I “no” che aiutano a crescere

Spesso accade che i genitori, per il timore di risultare severi o di perdere l’affetto dei figli, evitino di dare regole o di dire “no”. Ma un bambino ha bisogno di regole chiare per sentirsi amato, compreso e protetto. Non si tratta di negare affetto: una sana autorevolezza trasmette la fiducia che il genitore sa ciò che è meglio per il proprio figlio e crede nelle sue potenzialità. Il “no” ragionato e rispettoso spinge a sviluppare strategie di adattamento e capacità di superare incertezze.

 

Riconoscere gli errori per ritrovare serenità

Non sempre gli adulti sono consapevoli delle dinamiche negative che si innescano: la fretta, lo stress, le insicurezze personali inducono a reiterare comportamenti disfunzionali e a trasmettere messaggi confusivi o ansiogeni ai figli. Accorgersi di questi errori è il primo passo per modificare i propri atteggiamenti e ripristinare un clima più equilibrato:

  • Osservare: prestare attenzione alle reazioni dei figli e alle nostre modalità di risposta.
  • Comunicare: condividere dubbi e timori, senza vergogna, anche davanti ai bambini, in modo che percepiscano la sincerità del genitore.
  • Rivedere le regole: se mancano o sono troppo rigide, è bene rivalutarle, rendendole coerenti e comprensibili a tutti.

Capire quando siamo noi stessi genitori a commettere errori può trasformarsi in un’opportunità di crescita reciproca, un’occasione per trasmettere ai figli un prezioso insegnamento sul valore del cambiamento e dell’auto-correzione.

 

Non avere paura di chiedere aiuto

Quando si percepisce di non riuscire a gestire le tensioni familiari o di ripetere schemi educativi disfunzionali, può essere utile rivolgersi a un professionista. Un confronto esterno e competente favorisce la presa di consapevolezza e l’individuazione di strategie per riportare serenità nelle relazioni con i figli.

Dott.ssa Federica Santucci Psicologa Clinica e Psicoterapeuta Analista Transazionale

Sono una Psicologa Clinica e Psicoterapeuta Analista Transazionale CTA EATA (Analista Transazionale Diplomato - Associazione Europea per l’Analisi Transazionale ) e Terapeuta EMDR.

Mi occupo di terapia individuale, di coppia e familiare. Tratto difficoltà legate all'età adolescenziale, problematiche affettive e relazionali, problemi di assertività, autostima, comunicazione. Le mie competenze contemplano il trattamento delle nevrosi, dei disturbi di personalità, d'ansia o dell'umore (depressione, disturbo bipolare), la gestione dei conflitti personali e interpersonali, l'ambito delle nuove dipendenze patologiche come quelle legate al gioco d'azzardo e all'uso di sostanze.