Di Federica Santucci – Psicologa Clinica, Psicoterapeuta Analista Transazionale CTA EATA e Terapeuta EMDR a Forte dei Marmi
Apatia e Perdita di Interessi: Comprendere e Gestire il Disagio Emotivo
Mi chiamo Federica Santucci, sono una Psicologa Clinica e Psicoterapeuta Analista Transazionale CTA EATA e Terapeuta EMDR. Lavoro a Forte dei Marmi e mi occupo di aiutare adulti, adolescenti e bambini a superare diverse difficoltà psicologiche. In questo articolo desidero concentrare l'attenzione su un argomento molto diffuso, ma spesso poco compreso: l’apatia e la perdita di interessi. Ho scelto di affrontare questo tema perché nel mio studio incontro spesso persone che avvertono un calo drastico di motivazione, di curiosità e di voglia di fare, e si chiedono perché non riescono più a provare entusiasmo per nulla.
È inevitabile porsi delle domande: cosa si intende esattamente per apatia? Come la definisce la psicologia? Quali sono i sintomi principali e quali possono esserne le cause più probabili? Editando un po’ alcuni contenuti e ricerche sul web, cercherò di esporre questa materia in modo semplice e rassicurante, mantenendo un approccio professionale. I concetti di anedonia, di abulia e di depressione entreranno a far parte del nostro quadro. Parlerò inoltre di come l’apatia possa manifestarsi in diverse fasce di età, dagli anziani agli adolescenti fino ai bambini, e di come la terapia psicologica possa aiutare a gestirla.
Cosa si intende per Apatia?
Inizialmente, è utile chiarire la nozione di apatia. Con questo termine, in linea generale, si descrive uno stato di disinteresse o disinvestimento emotivo che comporta un ridotto coinvolgimento nelle attività quotidiane. È come se la persona vivesse un calo consistente di energia, di entusiasmo e di reattività agli stimoli esterni. Non significa necessariamente che ci sia tristezza o dolore, ma piuttosto un senso di indifferenza, di “spegnimento” emotivo, che può assumere contorni diversi a seconda del contesto e della storia individuale.
L’apatia può manifestarsi in molte situazioni: c’è chi, improvvisamente, non ha più voglia di dedicarsi al proprio hobby preferito, o chi smette progressivamente di tenere i contatti sociali, al punto da ritirarsi in uno stato di “assenza” dal mondo. Spesso sento dire dai pazienti: “Non provo nulla, è come se mi fossi spenta”, “Non ho voglia di vedere nessuno, ma non sono triste, semplicemente non ci riesco”. Questo, in termini psicologici, è uno dei campanelli d’allarme che ci mostrano come la persona non stia attraversando semplicemente una fase di pigrizia, ma qualcosa di più intenso.
L’apatia in psicologia come si definisce?
In ambito psicologico, l’apatia viene definita come una mancanza di interessi e motivazione, associata a un ridotto o nullo coinvolgimento emotivo e relazionale. Non è sinonimo di depressione, pur potendo essere presente in un quadro depressivo. L’apatia è talvolta considerata un sintomo o un segno di altre condizioni, come disturbi neurologici (ad esempio il Parkinson), deficit cognitivi o altre problematiche psichiatriche. Spesso la letteratura scientifica la cita come un “calo dell’iniziativa”: la persona prova difficoltà a iniziare o portare avanti un’idea, fatica a prendere decisioni anche semplici, e perde la spinta a cercare relazioni o esperienze nuove. Per me, come psicoterapeuta, è sempre fondamentale capire se l’apatia è primaria oppure secondaria ad altri stati emotivi. Molte volte, dietro l’apatia si nasconde una paura di fallire, un senso di inadeguatezza, che innesca meccanismi di ritiro emotivo per protezione.
Quali sono i sintomi dell’apatia?
Da un punto di vista clinico, si parla di sintomi quali mancanza di iniziativa, disinteresse per le relazioni sociali, scarsissima espressione di desideri o aspirazioni, appiattimento emotivo e mancanza di reattività agli eventi esterni. In altre parole, se una persona solitamente era curiosa e si mostrava coinvolta dal proprio lavoro, dai contatti con gli amici, dai progetti personali, e d’un tratto perde tale slancio, potremmo trovarci di fronte a un quadro apatico. Sotto questa superficie, però, emergono spesso sentimenti come la delusione, la frustrazione o la paura di non farcela; questioni che necessitano di comprensione e, se possibile, di elaborazione terapeutica.
Quali sono le cause dell’apatia?
Le cause possono essere diverse. La ricerca sul web e la letteratura in psicologia segnalano come fattori scatenanti lo stress cronico, i traumi emotivi, le situazioni di conflitto in famiglia o nel contesto lavorativo, oltre a condizioni mediche specifiche. Per esempio, se una persona vive un periodo prolungato di tensione o di ansia, può arrivare a “bloccare” le proprie emozioni e a interrompere qualsiasi iniziativa, come se mi dicesse: “Tanto non ne vale la pena”. L’apatia diventa, allora, una sorta di difesa o di spegnimento, che protegge dall’angoscia, ma toglie anche la gioia. Come psicologa a Forte dei Marmi, quando incontro pazienti in questa situazione, cerco di comprendere se l’apatia è emersa da poco o da molto tempo, e se è collegata a eventi critici (perdite, separazioni, trasferimenti) o a un’assenza di prospettive future.
Differenze tra Apatia e anedonia
L’anedonia è la perdita totale o parziale della capacità di provare piacere in situazioni che in precedenza erano ritenute piacevoli. Se l’apatia riguarda la riduzione o l’assenza di motivazione, l’anedonia tocca l’incapacità di sperimentare qualsiasi forma di piacere o di soddisfazione. Una persona con anedonia può dire: “Razionalmente so che prima questa attività mi dava gioia, ma ora non sento nulla”. Nell’apatia, invece, l’aspetto principale è il disinteresse, il non desiderare più di fare, agire, conoscere. A volte le due condizioni coesistono, specialmente in contesti depressivi, creando un quadro di forte stagnazione emotiva.
Che differenza c’è tra apatia e depressione?
In un contesto depressivo possono comparire sia apatia che anedonia, ma la depressione comprende spesso sentimenti intensi di tristezza, colpa, disperazione. L’apatia, da sola, non implica obbligatoriamente la tristezza o la disperazione: la persona può sentirsi semplicemente “svuotata” o “spenta”. In depressione, inoltre, si manifesta un insieme di sintomi che coinvolgono il tono dell’umore, la qualità del sonno, l’appetito, la voglia di vivere. Un paziente depresso può provare un’angoscia profonda, rimuginando anche idee di autosvalutazione, mentre nell’apatia potrebbe semplicemente non interessarsi al mondo. Ciò non significa che l’apatia sia meno seria, ma che appartiene a un altro registro sintomatologico, che richiede una valutazione specialistica per capire se c’è un quadro più complesso (come un episodio depressivo) o se stiamo affrontando un problema circoscritto.
Cosa si intende per Abulia?
Talvolta i termini “apatia” e “abulia” vengono confusi o usati come sinonimi. In realtà, l’abulia fa riferimento a una diminuzione o perdita della volontà: la persona abulica non riesce a prendere decisioni, non traduce in azione nessun proposito, e fatica a compiere anche gesti quotidiani. Se nell’apatia manca la spinta emotiva, nell’abulia manca la spinta volitiva. Spesso, in ambito clinico, vediamo che apatia e abulia possono coesistere, ma si tratta di sfumature diverse di come la motivazione e la volontà siano compromesse, rendendo la quotidianità un susseguirsi di incertezze e di non-azioni.
Cosa si intende per empatia e come si differenzia dall’apatia?
L’empatia è la capacità di riconoscere e comprendere le emozioni e gli stati d’animo altrui, provando una forma di risonanza emotiva. A differenza dell’apatia, legata a un disinteresse verso sé stessi e il mondo, l’empatia implica disponibilità a sintonizzarsi con i sentimenti dell’altro. Una persona apatica può risultare anche fredda o distaccata verso gli altri, ma non perché le manchi l’abilità empatica (magari ce l’ha) bensì perché prova uno scarso coinvolgimento generale. L’empatia, quando è attiva, presuppone relazioni più profonde e autentiche, mentre l’apatia mantiene le relazioni su un piano superficiale e spesso privo di scambi emotivi veri.
Come si manifesta l’apatia negli anziani e da cosa è provocata?
Nei pazienti anziani si registra spesso una forma di apatia collegata al declino fisiologico e a eventuali patologie degenerative. Ridurre gli impegni della giornata, dover lasciare il lavoro o gestire la solitudine dopo la perdita di un partner o di amici può generare un senso di inutilità e di svuotamento. Anche condizioni mediche (come deficit cognitivi e demenze) possono accentuare l’apatia perché il cervello fatica a mantenere l’interesse per ciò che lo circonda. Nel mio studio a Forte dei Marmi mi capita di accogliere familiari che chiedono supporto per un genitore anziano apatico, preoccupati che possa esserci una depressione sottostante. In effetti, una valutazione professionale permette di discernere se si tratta di un normale invecchiamento, di un principio di demenza o di una riscontrabile anedonia legata a depressione. Più le cause sono individuate precocemente, migliori sono le possibilità di un intervento che rallenti il ritiro emotivo e relazionale.
Come si manifesta l’apatia negli adolescenti e da cosa è provocata?
Negli adolescenti, l’apatia può apparire come “pigrizia”, mancanza di slancio o rifiuto di partecipare ad attività extrascolastiche. Spesso i genitori interpretano questi atteggiamenti come ribellione o disinteresse nei confronti del futuro. In realtà, la fase adolescenziale è già di per sé complessa: se il ragazzo o la ragazza vive ansie, insicurezze, pressioni scolastiche o familiari, può adottare un atteggiamento apatico come forma di difesa o di rifiuto passivo. Alcuni adolescenti sprofondano nel virtuale (videogiochi, social) e smettono di relazionarsi con i coetanei di persona. In questo caso, è importante valutare se ci sono anche segni di depressione o situazioni di bullismo. Parlarne con uno psicoterapeuta infantile o adolescenziale può aiutare a comprendere la radice di questa apatia e a trattarla, evitando che perduri troppo a lungo o diventi più grave.
Come si manifesta l’apatia nei bambini e da cosa è provocata?
Nei bambini, l’apatia può essere un segnale difficile da interpretare, perché i più piccoli solitamente mostrano grande curiosità verso il mondo. Se un bimbo appare improvvisamente disinteressato a giocare, a imparare o a relazionarsi con i coetanei, è importante indagare se vi siano stati cambiamenti ambientali (ad esempio un trasloco, la nascita di un fratellino, la separazione dei genitori), se stia vivendo episodi di conflitto o di disagi emotivi. In qualità di psicoterapeuta che si occupa anche di bambini, so che l’apatia infantile potrebbe indicare un malessere più profondo: il bimbo, non avendo modo di esprimere verbalmente ciò che prova, si chiude in una bolla di indifferenza. Un percorso di psicoterapia o di sostegno alla genitorialità, come quelli che offro a Forte dei Marmi, può ridare voce alle emozioni di un bambino e favorire un recupero di vitalità.
Come gestire l’apatia con la terapia psicologica?
Se sentite di attraversare un periodo di apatia o di perdita di interessi che dura da parecchie settimane, o addirittura mesi, voglio rassicurarvi: è possibile uscirne. La psicoterapia, specialmente un approccio come l’Analisi Transazionale unita a tecniche mirate (come EMDR se sono presenti traumi o situazioni stressanti irrisolte), rappresenta un’opportunità per approfondire le radici di questa “stanchezza emotiva” e per ritrovare un senso di direzione. Come psicologa e psicoterapeuta a Forte dei Marmi, costruisco percorsi personalizzati in base all’età e alle specifiche esigenze della persona. Per gli adulti, talvolta si lavora sulla ridefinizione di obiettivi, sulla scoperta di nuovi interessi che possano infondere di nuovo un senso di pienezza. Per gli adolescenti, offro uno spazio sicuro in cui confrontarsi su paure e aspettative, ponendo le basi per ricostruire la curiosità e la voglia di sperimentare. Per i bambini, la terapia può coinvolgere anche i genitori, affinché si comprenda quali dinamiche relazionali possano sottrarre ai più piccoli la loro naturale spinta vitale.
L’apatia è spesso un segnale che indica “stai trascurando una parte di te, un bisogno, un desiderio”. La psicoterapia diventa allora il luogo dove questi bisogni (spesso negati) emergono e vengono accolti, perché è solo attraverso la presa di coscienza che si può ridare vigore alla propria motivazione. Certo, ci vuole costanza e la disponibilità a mettersi in discussione, ma vi assicuro che niente è più gratificante di vedere qualcuno che torna a provare interesse per la vita. Non si tratta di scacciare la pigrizia con uno sforzo di volontà: significa piuttosto riconnettersi con la propria natura.
Se credete che l’apatia e la perdita di interessi stiano influenzando la vostra vita o quella di vostro figlio, invito a non ignorare questi segnali. L’intervento precoce, che sia una consulenza psicologica o un percorso più strutturato, può riportare equilibrio e serenità. Sono convinta che ognuno di noi, a qualsiasi età, abbia dentro di sé la scintilla dell’entusiasmo: basta solo creare le condizioni adatte perché quella scintilla divampi di nuovo.
Vi ringrazio di aver letto queste considerazioni: spero di essere riuscita a far luce sul concetto di apatia, distinguendolo da anedonia e depressione, e fornendo qualche spunto su come affrontarlo nelle varie fasi della vita, dagli anziani agli adolescenti, fino ai bambini. Se siete nella zona di Forte dei Marmi o vi trovate in Versilia e desiderate un confronto, potete contattarmi per un primo appuntamento. Il mio studio è aperto a chiunque cerchi un sostegno psicologico per superare la propria apatia, ritrovare la voglia di fare e riprendere in mano il proprio benessere emotivo.
Contattatemi: un semplice colloquio può rappresentare il primo passo verso la scoperta di una nuova energia e la riconnessione a ciò che importa davvero nella vostra vita.