Un’intensa ondata di paura
Il panico può fare irruzione nella vita di una persona come un ospite inatteso, senza un vero pericolo reale ma causando una reazione intensa di ansia e terrore. Nella maggior parte dei casi, l’episodio di attacco di panico giunge improvvisamente e raggiunge il suo massimo picco in circa 10 minuti, accompagnato da sintomi come palpitazioni, tremori, sudorazione improvvisa, sensazione di asfissia o soffocamento, formicolii, brividi, paura di morire o di “impazzire”.
Spesso, la crisi è talmente sconvolgente da far temere il peggio: non è raro che chi la sperimenta per la prima volta si rechi al pronto soccorso, convinto di avere un infarto o un grave problema fisico. Eppure, una volta che il panico svanisce, ci si ritrova in uno stato di forte spossatezza fisica ed emotiva, senza un vero danno organico.
Paura e allarme costante
Quando questi episodi si ripetono, subentra una “paura della paura”: ci si preoccupa costantemente della prossima crisi, finendo in un circolo vizioso che alimenta l’ansia. È comune lo sviluppo di una agorafobia, ovvero la tendenza a evitare luoghi o situazioni dove si teme di non avere via di fuga oppure di non poter ricevere aiuto in caso di nuovo attacco.
Questo può limitare molto la vita quotidiana, poiché la persona evita di uscire da sola, guidare, prendere mezzi pubblici o frequentare luoghi affollati. A volte subentra un costante senso di allerta, come se si vivesse “col freno a mano tirato”, sempre in cerca di rassicurazioni esterne, con un impatto negativo sull’autonomia e sulla qualità delle relazioni.
Perché avvengono gli attacchi di panico?
Le cause possono essere molteplici: fattori genetici e biologici possono predisporre l’individuo, ma spesso entrano in gioco elementi ambientali e psicologici. La comparsa frequente di sintomi di panico può essere correlata a:
- Un periodo ad alto livello di stress (cambiamenti lavorativi, relazionali, familiari, lutti).
- Vissuti traumatici o esperienze di abbandono, malattia, bullismo o abusi.
- Una percezione di non avere risorse sufficienti per far fronte alle richieste dell’ambiente.
L’aspetto centrale è che ogni persona con disturbo di panico può interpretare i sintomi fisici (come un leggero battito accelerato) in maniera catastrofica, innescando o amplificando la crisi sotto forma di un vero e proprio “circolo vizioso”.
Riconoscere e gestire il panico
Il primo passo per affrontare gli attacchi di panico è comprendere che, per quanto siano spaventosi, non rappresentano un reale pericolo di vita. È fondamentale:
- Saper distinguere i segnali del panico da quelli di un problema medico, considerando la possibilità di normali reazioni corporee (tachicardia, sudorazione) in situazioni di stress.
- Interrompere il circolo vizioso dell’evitamento, gradualmente e con il supporto adeguato, per riacquisire la fiducia di poter fronteggiare le sensazioni di terrore.
- Lavorare sulle eventuali radici del disturbo, ovvero traumi, momenti di crisi o vissuti di vulnerabilità.
Diversi approcci terapeutici si sono rivelati efficaci nel trattare gli attacchi di panico, tra cui la psicoterapia cognitivo-comportamentale (che permette di ridefinire le convinzioni catastrofiche e di esporsi gradualmente a quanto temuto) e la psicoterapia EMDR (che lavora sul ricordo di esperienze traumatiche e sblocca le emozioni negative collegate).
“Questo ospite inatteso, il panico, va prima di tutto riconosciuto, compreso e poi regolato.”
Il ruolo della psicoterapia
Una volta esclusi disturbi medici, è essenziale rivolgersi a uno psicoterapeuta specializzato in disturbi d’ansia. La psicoterapia infatti aiuta a leggere i sintomi come un segnale di un disagio emotivo più profondo; offre tecniche di gestione dell’ansia, come la respirazione controllata e la ristrutturazione dei pensieri catastrofici, guida verso un graduale superamento dell’evitamento, favorendo un recupero di autonomia, pone attenzione ai fattori di mantenimento che alimentano su larga scala il circolo dell’ansia (ricerca continua di rassicurazioni, comportamenti di protezione eccessivi, etc.).
Si può uscire dal “tunnel” del panico
Sebbene durante un episodio di panico la situazione possa apparire “senza uscita”, la pratica clinica e le ricerche scientifiche mostrano che lavorare sulle proprie paure, col supporto di professionisti, rende possibile il recupero di un senso di sicurezza e benessere. È importante interrompere al più presto il circolo vizioso fondato su attacchi di panico e evitamento, in modo da evitare la cronicizzazione di un disturbo che limita pesantemente la libertà personale.
Come sottolineano diverse ricerche e studi clinici, l’EMDR risulta particolarmente utile quando i sintomi di panico sono radicati in traumi d’infanzia o esperienze negative ricorrenti. Analogamente, altre forme di psicoterapia (come quella psicoanalitica o cognitivo-comportamentale) consentono di capire le motivazioni profonde alla base di questa intensa reazione emotiva.
Chiedere aiuto: un atto di coraggio
Il panico non è un segnale di debolezza o di un “carattere fragile”: è piuttosto un campanello d’allarme che segnala la necessità di rivedere alcune convinzioni e situazioni di vita. Anche se spaventoso, può diventare un’occasione per conoscersi meglio e riconquistare un equilibrio psicofisico più stabile.
Affidarsi a un professionista (psicologo o psicoterapeuta) significa riconoscere di avere delle difficoltà e decidere di affrontarle, anziché combatterle in solitudine. Con il giusto sostegno, è possibile superare la fase critica e prevenire eventuali ricadute, tornando a vivere la quotidianità senza il timore costante di un “ospite inatteso”.